Recitiamo
di continuo. La vita è una grande commedia (o tragedia a seconda dei punti di
vista) in cui indossiamo sorrisi, lacrime ed altri invisibili abiti di scena.
Lo facciamo per esprimere desideri, pensieri e sentimenti, veri o falsi che
siano.
Ed
abbiamo bisogno del corpo per farlo, con il contorno del linguaggio. Entrambi strumenti
fragili che mostrano le crepe della nostra debolezza.
Siamo
perennemente divisi tra interiorità spirituale ed esteriorità corporea,
cerchiamo disperatamente di essere autentici o di sembrare tali, con il
risultato che non riusciamo mai veramente ad essere noi stessi.
Il
palcoscenico del teatro su cui recitiamo la nostra parte è il mondo intero e
sembra quasi che, per concederci un intervallo a questa recita "a
braccio" e senza copione, il nostro regista ci abbia concesso il sonno.
Le
rappresentazioni sono le più varie. Vi è la recita amorosa, l'ingannevole
attimo dell'amore che ci fa credere di incrociare uno sguardo sincero, il tocco
di una mano che ci desidera, un regalo che non pretende di essere ricambiato.
Ma anche lo sguardo più innamorato nasconde una qualche dissimulazione ed è
questo suo perenne sfuggirci a rendere l'amore così interessante e così triste.
Il poter immaginare la perfetta armonia tra corpo e spirito nell'estasi
dell'amore fa di noi gli animali che sperano invano, gli esseri più imperfetti
del creato.
Persino
la morte, il più tremendo degli shock, è occultato con la recita, con un enorme
sforzo di autocontrollo, stemperato in riti sociali densi di consolidate
formalità.
Oggi
non si fanno più progetti di vita stabili che consentivano più spazio alla
libertà di essere se stessi. Prima il figlio del droghiere diventava droghiere
a sua volta, il figlio del carabiniere aveva un analogo destino nell'Arma e
così via. La vita forse era più noiosa, ma più vera. Ma non è sempre stato questo
il prezzo da pagare alla tranquillità?
Oggi è
tutto cambiato, la recita e la dissimulazione la fanno da padroni. La
competizione è diventata molto più aspra. Si è imparato che il successo è di
chi ha i riflessi pronti e la mente adattabile, di chi sa fingere e bluffare,
di chi sa resistere al destino che da sempre dissemina le nostre strade degli
ostacoli più imprevedibili.
Ed ecco
che si ha il trionfo dell'autorappresentazione, del mascheramento, dell'impiego
strategico del corpo. Astuzia e malvagità sono diventate necessarie per potersi
inserire con successo nel moto perenne degli oscuri rapporti di potere.
Dunque
cos'è la vita? Un campo minato.
Cos'è
la finzione? L'imprescindibile condizione dell'ascesa sociale.
Cos'è
l'amore? Il più meraviglioso di tutti gli inganni.