lunedì 21 settembre 2015

La recita

Ed abbiamo bisogno del corpo per farlo, con il contorno del linguaggio. Entrambi strumenti fragili che mostrano le crepe della nostra debolezza.
Siamo perennemente divisi tra interiorità spirituale ed esteriorità corporea, cerchiamo disperatamente di essere autentici o di sembrare tali, con il risultato che non riusciamo mai veramente ad essere noi stessi.
Il palcoscenico del teatro su cui recitiamo la nostra parte è il mondo intero e sembra quasi che, per concederci un intervallo a questa recita "a braccio" e senza copione, il nostro regista ci abbia concesso il sonno.
Le rappresentazioni sono le più varie. Vi è la recita amorosa, l'ingannevole attimo dell'amore che ci fa credere di incrociare uno sguardo sincero, il tocco di una mano che ci desidera, un regalo che non pretende di essere ricambiato. Ma anche lo sguardo più innamorato nasconde una qualche dissimulazione ed è questo suo perenne sfuggirci a rendere l'amore così interessante e così triste. Il poter immaginare la perfetta armonia tra corpo e spirito nell'estasi dell'amore fa di noi gli animali che sperano invano, gli esseri più imperfetti del creato.
Persino la morte, il più tremendo degli shock, è occultato con la recita, con un enorme sforzo di autocontrollo, stemperato in riti sociali densi di consolidate formalità.
Oggi non si fanno più progetti di vita stabili che consentivano più spazio alla libertà di essere se stessi. Prima il figlio del droghiere diventava droghiere a sua volta, il figlio del carabiniere aveva un analogo destino nell'Arma e così via. La vita forse era più noiosa, ma più vera. Ma non è sempre stato questo il prezzo da pagare alla tranquillità?
Oggi è tutto cambiato, la recita e la dissimulazione la fanno da padroni. La competizione è diventata molto più aspra. Si è imparato che il successo è di chi ha i riflessi pronti e la mente adattabile, di chi sa fingere e bluffare, di chi sa resistere al destino che da sempre dissemina le nostre strade degli ostacoli più imprevedibili.
Ed ecco che si ha il trionfo dell'autorappresentazione, del mascheramento, dell'impiego strategico del corpo. Astuzia e malvagità sono diventate necessarie per potersi inserire con successo nel moto perenne degli oscuri rapporti di potere.
Dunque cos'è la vita? Un campo minato.
Cos'è la finzione? L'imprescindibile condizione dell'ascesa sociale.

Cos'è l'amore? Il più meraviglioso di tutti gli inganni.

mercoledì 14 gennaio 2015

La Giostra

A volte ho l’impressione che vivere la vita di tutti i giorni sia come essere su una giostra. Sei sempre in movimento, è un giro che non finisce mai, spesso sali ad occupare il posto che trovi libero o più vicino oppure dove gli altri ti indirizzano, difficilmente ti siedi al posto che vorresti. O forse è dovuto al fatto che ci sali da bambino e quindi sono i tuoi genitori a scegliere quel posto che loro ritengono più bello o più sicuro. Macchine dei pompieri, ambulanze, cavalli, moto…la giostra è una metafora della vita in cui difficilmente puoi scegliere il posto su cui fare quel giro che  ti è toccato.
Anche io sono salito su un posto che non avrei scelto se fossi stato libero di scegliere. All’inizio ti piace comunque, l’ebbrezza del girare, il mondo che ti passa davanti, le grida degli altri, ma dopo un po’ ti rendi conto che la cosa si fa monotona, che il paesaggio è sempre uguale, che rincorri e vieni rincorso ma, in fondo, resti sempre dove sei.
Allora pensi di scendere, vorresti vedere come è il mondo visto da un’altra prospettiva. Ma se gli altri ti vedono scendere mentre la giostra sta girando pensano che tu sia pazzo…non si può scendere dalla giostra, non è permesso farlo. Ti sei guadagnato questo giro, hai occupato un posto e adesso devi aspettare che il giro finisca, poi potrai lasciare il posto ad un altro.
Chi sta girando è felice, spaventato, preoccupato, sereno, agitato ma a nessuno viene in mente di scendere. Io ho deciso di scendere, di vedere il mondo con i piedi per terra, non sulla pedana rotante della giostra, manovrata da chi non vuole che tu interrompa quello che ti è stato assegnato. Non funziona così. Rischi di farti male. Il mondo è fatto da tante giostre, ogni città in cui viviamo lo è, più grande o più piccola, in una fiera di paese o in un luna park e chi non ha un posto sulla giostra è un folle, un emarginato.
Ma io l’ho fatto, sono riuscito a scendere indenne e sto guardando il mondo con altri occhi. E mi rendo conto che il mondo, la vita è completamente diversa vista da quella prospettiva. Posso guardare tutto ciò che mi sta attorno con calma, con i miei tempi, fermarmi quando voglio, proseguire quando mi va. Sulla giostra no, devi girare alla velocità di chi manovra e la prospettiva che hai è sempre la stessa, fatta di cose che ciclicamente ritornano sempre.
E guardi anche chi è rimasto sulla giostra…e ti chiedi come hai fatto a rimanerci per tanto tempo, rinunciando alla possibilità di scandire da solo i ritmi della tua meravigliosa esistenza…

mercoledì 29 aprile 2009

Influenza suina

Possibile che ogni tanto sui media debba venir fuori qualche nuovo allarme di portata internazionale che annuncia catastrofi a livello mondiale, in stile film hollywoodiano? Ed ecco che tutti quanti siamo già pronti a trasformarci in Will Smith nel suo "Io sono leggenda", prossimi a restare l'unico abitante rimasto sulla terra dopo che un devastante virus ne ha letteralmente cancellato la popolazione. Mi viene da riflettere: possibile che si debba tutti quanti sparire per un virus che si chiama "influenza suina"? Va detto che i mezzi di comunicazione mancano di originalità, di estro, di inventiva. Se davvero avessero voluto creare un discreto panico alla notizia dell'ennesima diffusione di un nuovo, temibile virus, avrebbero dovuto dargli un nome adeguato allo scenario prospettato di morte e sofferenza ovunque. Che so, terminator, thanatos, zombivirus o roba del genere. Ma quando qualcuno legge che si espande una pandemia di "influenza suina" automaticamente si tranquillizza, soprattutto per il nome abbastanza ridicolo per un'epidemia che si rispetti. Del resto che i giornalisti o i ricercatori non brillassero in quanto a fantasia sul marketing di un prodotto da dare in pasto alle folle si era già visto in precedenza con gli altri bluff che ci avevano propinato sul genere epidemie devastanti. E così siamo passati, nel tempo, dall'"aviaria", fino ad arrivare addirittura alla "mucca pazza" che più che una malattia spaventosa sembra il titolo di un gioco da scaricare sull'iphone che alla fine avrà ammazzato qualche decina di persone.
Eh già, non fanno mica notizia i milioni di morti di malaria, o il pericolo di epidemie di dengue o febbre gialla, sempre presenti nelle regioni equatoriali, che mietono anch'esse moltissime vittime, ma va...quella è roba vecchia. Pare che colpisca molto di più la novità, un virus che dai suini si trasmette all'uomo e poi tra questi ultimi. Ma diamine, almeno si muore in pochi giorni con pustole su tutto il corpo e vomitando sangue come la peste del 300? Ma va...un'influenza con febbre alta e un pò di vomito che può essere curata con antivirali già in commercio. Allora avrà fatto un'ecatombe? Ma va... 160 morti in tutto il mondo, che in quanto a percentuale equivale ad uno sputo di mosca nell'oceano.
E allora, direte voi, dove sta la notizia da prima pagina? Boh! chiedetelo ai giornalisti e ai numerosi sfaccendati che prestano la loro opera negli uffici delle ONG (tipo l'Organizzazione Mondiale della Sanità) che finalmente hanno qualcosa da fare in un mondo devastato dalle guerre ma troppo al sicuro dalle epidemie.
Sarebbe meglio che costoro lasciassero gli scenari apocalittici della terra falcidiata dai virus ai produttori di Hollywood che non si sognerebbero mai di intitolare un kolossal con Will Smith su una pandemia: "Febbre suina".

domenica 26 aprile 2009

Scrivere mi è sempre piaciuto e sin da quando la diffusione dei blog ne ha dato la possibilità, mi sono ripromesso di approfittarne, col vantaggio di poter scambiare opinioni con quell'immenso mondo che è la rete. Sarà stato il maltempo di oggi o la pigrizia che conseguentemente mi ha preso, ma finalmente ho deciso di aprirne uno anch'io trovandomi di fronte all'incertezza di come riempire questo bel contenitore. Certo ci vuol tempo e costanza, passione e anche un pò di faccia tosta perchè sai che quello che vai a scrivere lo potrà leggere teoricamente un numero infinito di persone.Ma forse è proprio questo il bello di un blog, una specie di diario pubblico con un contraddittorio che non sia solo quello di te stesso. Un diario può essere un monologo statico che arricchisce solo i ricordi. Quindi provo a far partire questa iniziativa per mio sfizio personale, chissà chi ci passa di qui e leggerà le idee che mi passeranno per la testa. Stiamo a vedere...